Vivaio Italia: la sfida del mercato globale e le insidie del localismo.

Vivaio Italia: la sfida del mercato globale e le insidie del localismo.

Il nostro viaggio dedicato a Expo 2015 continua con una riflessione che prende spunto dal concept ideato per il Padiglione Italia, per riflettere sul valore della piccola produzione italiana, l’eccellenza che dovrebbe aiutare a risollevare le sorti di un comparto economico poco produttivo.

Vivaio Italia è il concept del padiglione italiano a Expo 2015. “Uno spazio di crescita, sviluppo, formazione. Un laboratorio di idee”, l’idea creativa su cui si baserà il progetto finale.

Il progetto ideato da Marco Balich avrà un simbolo, l’albero della vita, evidentemente legato all’obiettivo che si pone l’Italia in prospettiva di Expo 2015: fornire alle potenzialità ancora inespresse la possibilità di crescere e nutrirsi, come una pianta. L’albero, come si legge sul sito ufficiale del Padiglione Italia

(link http://www.padiglioneitaliaexpo2015.com/media_guide_estratto.pdf) simboleggia la Natura Primigenia, icona di femminilità e simbolo delle forze generatrici, madre di tutte le cose viventi, come l’industria dell’agroalimentare italiano, viva di certo, ma con qualche problema di salute senza dubbio.

I dati non lasciano spazio a dubbi: la potenza del settore agroalimentare italiano è debole e rischia di perdere ulteriore attrattiva se non si agisce per ripristinare il suo valore di mercato, trasformando l’eccellenza dei prodotti  in investimenti e misure che agevolino l’export, vero volano di sviluppo per un settore che soffre della globalizzazione dei mercati.

Sappiamo che questo è il momento del revival localista, dell’autodeterminazione dei piccoli produttori locali e dei loro prodotti di nicchia, che però difficilmente riusciranno a competere sul mercato mondiale, per una serie di difficoltà legate a fattori commerciali – scarsa visibilità, inadeguati mezzi di commercializzazione e distribuzione – e ideologici.

Si sa, gli italiani hanno un’alta considerazione delle proprie capacità e pensano, purtroppo, che le eccellenze italiane possano produrre profitto a prescindere dalle forze economiche globali che determinano l’approvvigionamento del cibo. Non è così, e l’idea che i piccoli produttori sapranno costruire il futuro roseo dell’industria agroalimentare italiana è un limite, piuttosto che un vantaggio.

Lanciamo una provocazione, supportati anche dalle parole di Luigi Rossi di Montelera, presidente di Federalimentare, che in un documento presentato in tempi non sospetti relativo al valore economico dell’agroalimentare italiano nel mondo avverte “L’industria alimentare italiana riscuote un enorme prestigio all’estero e agisce su nicchie di mercato di altissima qualità comportandosi, tuttavia, come una Ferrari che procede al ritmo di un’utilitaria. Lo stiamo ripetendo da tempo: lo slogan ‘piccolo è bello’ è ormai tramontato.”

(http://www.federalimentare.it/Documenti/4RapportortoIsmea-Federalimentare/SintesiRapportoFederalimentare-Ismea.pdf )

Se questa idea che le produzioni di nicchia siano in realtà poco competitive, perchè soffrono della concorrenza dei grandi numeri, avesse un fondamento di verità, l’Italia dovrebbe rivedere le proprie prospettive e immaginare un intervento che scardini il sistema di pensiero che finora l’ha reso possibile- le rivendicazioni locali e regionali- sfruttandone la forza di attrazione in altri ambiti, come per esempio quello turistico. In questo modo, forse, il Vivaio Italia potrebbe sì agevolare i piccoli produttori, le sue gemme, mantenendo però un ruolo importante sul mercato internazionale con azioni che superino l’ideale, tutto italiano, della qualità a vantaggio della quantità.

Credits:

L’immagine fa parte di un progetto realizzato da Henry Heargraves e Caitilin Levin, rispettivamente fotografo e food-stylist.

 

 

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