Sulle orme del Biologico II Parte

Sulle orme del Biologico II Parte

Nel mio ultimo articolo avevo parlato di un documentario molto interessante intitolato Senza trucco – Le donne del vino naturale, ed avevo analizzato l’affascinante lavoro di Elisabetta Foradori. Oggi vorrei passare dal Trentino all’estremità apposta dell’Italia, ovvero la Sicilia.

Una delle quattro straordinarie donne protagoniste del documentario sopra citato è Arianna Occhipinti, di cui ho da poco assaggiato il l’SP68 Bianco. E’ veramente emozionante pensare che questa prodigiosa ragazza a soli 22 anni ha piantato la sua prima vigna, appena conclusi i suoi studi di enologia a Milano. Quanto coraggio bisogna avare per addentrarsi in un mondo così difficile, seppur meraviglioso, ad una così giovane età? Non so voi, ma io a 22 non avevo di certo una testa così formata da sapere esattamente cosa avrei fatto nella mia vita (ed ancora oggi non ne sono del tutto certa). Non mi rimane che dire chapeau, non solo per il coraggio mostrato ma anche per gli straordinari risultati raggiunti.  Il suo primo vino prodotto è stato il Frappato, che ad oggi risulta essere uno dei migliori vini rossi biologici in tutta Italia. Ciò che meraviglia è la stupefacente connessione tra lei ed i suoi vini, le sue creazioni. Non potrebbero essere di nessun altro; seducenti, schietti, sanguigni, difficili inizialmente ma una volta compresi emozionanti ed avvolgenti. Rispecchiano totalmente sia la sua persona che il suo incredibile territorio d’appartenenza.

La dozzina di ettari gestiti da Arianna si trovano pressoo Vittoria (provincia di Agrigento) accanto la strada provinciale SP68, da qui il nome del vino da me degustato. L’SP68 Bianco è composto da 50% Moscato e 50% Albanello, un nettare veramente incredibile. Senza sapere cosa si ha nel bicchiere, dato il colore di un paglierino molto carico ed i netti sentori di miele e mandorle, sembrerebbe di trovarsi innanzi ad un passito. Facendolo ossigenare per qualche attimo nel bicchiere iniziano a salire profumi sempre più vari; mela cotta, albicocche mature, rincosperma in piena fioritura, timo, zagara ed arancia candita. In bocca ci si aspetterebbe un sapore dolce, invece ci troviamo davanti ad un ricamo gustativo che lascia sbigottiti, con una freschezza ed una secchezza calibrate magistralmente. Nonostante la presenza del moscato rimane sapido e lascia il palato molto pulito, subito pronto per un altro sorso. Fermenta con lieviti indigeni, compie una macerazione di 10 giorni sulle bucce e permane 6 mesi in vasche di acciaio inox. Non viene filtrato. Personalmente l’ho abbinato con dei tranci di tonno in crosta di sesamo e patate lesse con un filo d’olio e prezzemolo, ma credo possa regalare entusiasmanti sensazioni anche con del pesce in guazzetto o una fresca insalata di crostacei.

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Arianna fin da giovanissima aveva un sogno, una precisa “visione” di come produrre un suo vino e sapeva che sarebbe stato difficile poterlo creare attraverso altre aziende. Grazie ad una forza straordinaria e quel pizzico di meravigliosa incoscienza tipica della gioventù, si è buttata e ci è riuscita. In questo buio periodo in cui sembra che i giovani siano destinati a doversi accontentare di quello che trovano mettendo da parte i propri sogni, credo che la sua opera possa rappresentare un incantevole bagliore di luce.

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