
Una giovane realtà imprenditoriale, una tipicità legata alla tradizione del territorio. Una chiacchierata con Alessio Loddo, produttore di Ruju, Mirto Stella Maris
Alessio, come nasce Mirto Stella Maris?
In realtà è una storia tanto lunga quanto semplice. Fin da bambino sono cresciuto in mezzo alla natura ed alla campagna, ricordo benissimo,come fosse ieri, le prime carote che mia nonna mi aveva fatto coltivare per gioco.
Sono cresciuto con un rapporto con la natura assolutamente spontaneo e mai timoroso, con un nonno che scelse l’agricoltura dopo aver vissuto la prigionia in guerra e con la voglia costante di far capire alla famiglia l’importanza di questa scelta di duro lavoro e pace interiore. Quindi si può dire che per me le piante ed i loro frutti sono parte integrante della mia storia umana, più che professionale.
Così, con la complicità della mia famiglia, volendo continuare la tradizione agricola, ho preso la decisione di mettermi a produrre quello che era il nostro mirto, quello che veniva offerto agli ospiti ed agli amici, facendo della mia passione anche il lavoro più bello del mondo.
Le bacche di mirto provengono dalla tua Sardegna, ma hai scelto di curare la distribuzione da Varese. Ti va di spiegarci i motivi di questa scelta?
Come figlio di militare, non ho avuto la fortuna di crescere nella mia terra, proprio come tanti sardi. Però Tortolì, la nostra città d’origine, è sempre stata li vicina, almeno nel cuore. La scelta di aprire il laboratorio qui sul Lago Maggiore, dove vivo, è stata molto ponderata, volendo proporre il mio mirto soprattutto a chi, come noi, è lontano dalla Sardegna ed a chi non ha mai avuto la fortuna di visitarla e farsi offrire un mirto fatto in casa. Al di fuori della Sardegna purtroppo non si conosce ancora il vero mirto artigianale, qualcosa di completamente diverso dalla realtà produttiva industriale.
La tua è un’azienda molto giovane. Hai provato a individuare il target di clientela a cui rivolgerti?
Devo dire che non mi sono mai occupato di marketing, sono un artigiano ed un naturalista appassionato, perciò mi sono affidato alla sola esperienza personale. Una cosa che ho imparato è che gli anni ’80 sono finiti e sia le nuove che le vecchie generazioni stanno sviluppando un meraviglioso apprezzamento per i prodotti naturali, i sapori puri e lontani dalla chimica, le tradizioni antichissime e le produzioni artigianali.
Il bello di questo paese è proprio che in molte cantine, magari in paesini sperduti, si “nascondano” ancora degli artisti dell’alimentare che, dai liquori alle marmellate, passando per salumi e ogni altra prelibatezza, producono quelli che nell’arte sarebbero pezzi unici. Sicuramente persone da cui posso solo imparare, io più che artista mi sento un operaio.
Il tuo ciclo produttivo si differenzia – e, in caso affermativo, in cosa – dalla produzione prettamente artigianale di liquore di mirto delle famiglie Sarde?
Il ciclo produttivo del Mirto Stella Maris non è praticamente diverso dalla preparazione casalinga, se non per la ricetta (che varia da casa a casa in funzione del proprio personale gusto) e per l’approccio quasi scientifico che adopero.
L’agricoltore sa che qualsiasi pianta, per dare il meglio, dev’essere trattata bene: abbiamo molti esempi nelle colture da frutta e soprattutto nel settore vinicolo, con professionisti incredibili che si occupano della vite sotto ogni aspetto per ottenere prodotti che nessun paese al mondo può eguagliare.
Conseguentemente, viene da pensare: perché allora non applicare ad una pianta per quanto sia forte ed abituata a climi secchi un protocollo che consenta al Myrtus communis di rendere al meglio?
Con la semplice irrigazione controllata, senza utilizzare pesticidi o concimi chimici, durante tutto l’anno riesco ad ottenere delle bacche splendide sia esteticamente che a livello di ricchezza di sostanze nutritive. Quando le bacche sono perfette, il liquore non necessita di coloranti o aromi, mantenendo solo ed esclusivamente il sapore del mirto. Per la serie “fare le cose semplici per farle bene”.
Quali sono i sogni nel cassetto di un giovane imprenditore legato alla tradizione?
Il mio sogno nel cassetto è sicuramente tornare in Sardegna, ma tutto questo muovermi e conoscere diverse realtà sicuramente sta aiutando l’imprenditore a sviluppare, chiuso in laboratorio come uno scienziato pazzo dei film, nuove idee.
In programma, sempre volendo continuare a lavorare con questa filosofia, c’è sicuramente la produzione e soprattutto la promozione della mia terra e dei suoi prodotti schiacciati dalle logiche dell’industria.
Basta un pomeriggio di marzo in campagna per capire quanto ci sia di buono in Sardegna e sarei onorato di far conoscere tutto ciò a chi ancora non ha potuto. I tempi e le persone sono maturi e sono sicuro che col tempo ritorneremo sempre più ad avvicinarci alla natura ed alle sue meraviglie. Nel frattempo, si lavora duro!