In questi giorni si parla tanto di agricoltura biologica e biodinamica. In vista dell’Expo del 2015 molte aziende e enti predisposti stanno cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica usando i sistemi di comunicazione più svariati. Facebook, twitter, tutto il web è invaso di notizie legate a questo nuovo tormentone enogastronomico. Per far si che non sia solo un trend, una moda passeggera e termini in concomitanza con la fine dell’avventura Expo, è bene spiegare un po’ a tutti di cosa si parla e soprattutto quali son le conseguenze nel mondo del vino.
Capitolo Primo
Noi tutti abbiamo presente il mercato biologico, quello che allestiscono periodicamente organizzazioni come Coldiretti, Cia e altre nelle grandi cittá: si offre la possibilitá agli abitanti di comprare a km 0, cioè dal produttore al consumatore senza passare attraverso mediatori come grossisti o distribuzioni in quanto le produzioni sono esigue. Si mangia all’antica, prodotti bio cioè quindi non troppo artefatti o rimaneggiati dall’uomo, coltivati con pratiche semplici senza usare diserbanti o agenti chimici nel pieno rispetto della natura. Ci sono vignaioli che partecipano e si recano a questi mercati con le loro bottiglie, però sentiamo parlare di biologico anche all’interno di aziende molto grandi che producono centinaia di ettolitri di vino. Cosa significa quindi parlare di biologico oggi?
La certificazione biologica viene riconosciuta al produttore se in vigna non si utilizzano “fertilizzanti sintetici pesticidi e stimolatori di crescita utilizzando concimi di natura prettamente organica. Si basa sul controllo biologico dei parassiti in modo da mantenere la produttivitá del suolo”. Ci sono varie possibilitá di essere biologici..o un’azienda ci nasce o ci diventa e si parla di conversione biologica. Il riconoscimento viene dato all’azienda soltanto dopo 5 anni, cioè dopo il tempo necessario affinchè il ciclo produttivo rispetti le regole della certificazione e il consumatore possa quindi esserne messo al corrente da una bandierina verde che viene apposta in retroetichetta. C’è chi non si accontenta del biologico ed è andato a rispolverare antiche pratiche spirituali che invitavano a considerare come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso. Gli appassionati di esoterismo ricorderanno il filosofo Rudolf Steiner e la sua teoria dell’antroposofia: “conoscere e studiare con un metodo scientifico enti che non appartengono all’ordine delle realtá accostabili dalla conoscenza scientifica.” In parole povere la biodinamica tenta di perpetuare nel tempo i sistemi biologici cercando di ridare energia vitale ai terreni attraverso l’interramento di particolari piante a scopo fertilizzante e l’utilizzo di preparati a base di polvere di quarzo, letame e sostanze vegetali in diluizione omeopatica ossia portando il preparato ad un punto tale per cui non avere più alcun tipo di effetto tossico indesiderato. Ci sono viticoltori estremi che applicano la regola in maniera ortodossa e mettono sul mercato vini bianchi torbidi rifiutandosi di utilizzare anche le pratiche più naturali come la bentonite nelle chiarifiche in cantina, oppure che controbilanciano l’ossidazione dei vini prodotti in botti non del tutto colme con alte gradazioni per ovviare all’aggiunta di solfiti per garantire la conservazione come Fausto Andi nell’Oltrepò Pavese. Ci sono poi coloro che vinificano in stile georgiano in anfore interrate lasciando il mosto a contatto con l’aria, favorendo così grandi ossidazioni.
Mentre biologico e biodinamico sono procedure che si mettono in pratica su vigne preesistenti, la viticoltura olistica è ancora più interessante seppur molto meno diffusa. Il classico terroir, che ci regala informazioni utilissime sulla diffusione, vigoria, crescita di un particolare vitigno, presenza o meno di parassiti, tipo di terreno, trattamenti mirati, viene momentaneamente messo da parte lasciando spazio all’intuizione umana che dopo un accurato studio dell’ecosistema di un ambiente ad esempio boschivo, decide di trasformarlo in uno completamente diverso mettendo a dimora delle piante di vite. Così, in un ambiente incontaminato dove le radici delle piante e il sottobosco hanno alimentato per secoli il terreno regalandogli molto humus e energia, si disbosca e si creano vigneti con una forte componente biologica di partenza cercando di mantenere intatto l’ecosistema precedente. Così facendo menti e mani esperte, collaborando con le caratteristiche preesistenti naturali di un luogo le perpetuano nel tempo utilizzando parametri biologici e biodinamici. La difficoltá sta proprio nel mantenere ovviamente l’equilibrio giusto. Non c’è ancora in questo momento in Italia un riconoscimento purtroppo per l’approccio olistico in agricoltura che non produce alcun tipo di inquinamento. Un esempio è l’azienda agricola dei Colli Tortonesi, I Carpini di Pozzol Groppo (AL).
Ecco la risposta alla domanda di prima, ma adesso…dove, quando e perchè si possono applicare tecniche biologiche? [continua…]