A Slow Fish 2013 le soluzioni per i consumatori e qualche linea guida per i pescatori: “Non pescate il pesce che scartere!” Il tema centrale di quest’anno è stato “Il mare di tutti”. L’argomento introduttivo degli incontri è entrato prepotentemente nella vita di ogni consumatore: lo scarto di pesca.
A Slow Fish 2013 le soluzioni per i consumatori e qualche linea guida per i pescatori: “Non pescate il pesce che scarterete!”
Gli scarti della pesca: numeri spaventosi
Il 9 maggio 2013 è tornato a Genova “Slow Fish”, l’appuntamento biennale di Slow Food dedicato al mondo della pesca sostenibile. L’evento quest’anno è stato particolarmente segnato dalla tragedia del porto in seguito all’impatto della nave Jolly Nero con la torretta della capitaneria di porto, che è costata la vita a nove giovani ragazzi. Nonostante questo l’evento ha registrato un grande successo grazie alla la splendida cornice del Porto Antico.
Il tema centrale di quest’anno è stato “Il mare di tutti”. Impegnativo e coraggioso, perché coinvolge tutti nel benessere dell’ambiente marino, anche solo per chi lo vive per pochi giorni l’anno in maniera diretta.
“I laboratori dell’acqua” sono stati un momento centrale tra tecnici e pubblico per chiarire quali siano le azioni, anche le più piccole e insospettabili, che impattano maggiormente sui sistemi acquatici e quali siano i comportamenti da attuare per evitare il collasso degli stessi.
L’argomento introduttivo degli incontri è entrato prepotentemente nella vita di ogni consumatore: lo scarto di pesca.
Il Prof. Silvio Greco, responsabile ambiente di Slow Food Italia, porta a galla un fenomeno poco conosciuto al pubblico ma al centro di un grande dibattito in sede comunitaria proprio in questi giorni.
Che cosa è lo scarto di pesca? È la massa di organismi marini eliminati dopo la selezione dei pesci con valore commerciale e che finiranno nei banchi del pesce. Il prof. Marino Vacchi indica due ragioni fondamentali dello scarto. I pesci sono scartati all’origine sia perché sono sotto-taglia, e quindi ne è vietata la vendita, sia perché non hanno un mercato in una filiera di pesca errata ed appiattita su poche specie richieste. I numeri sono da capogiro. Dopo la selezione di una normale pesca a strascico la quantità di pesce che entra nella filiera ammonta a circa il 20%. Il resto è ributtato a mare, morto o morente, creando grandissimi danni biologici ed ecologici: primo perché molti pesci rigettati sono giovanili che non hanno completato il loro ciclo riproduttivo, secondo perché lo scarto incide sulla struttura della catena alimentare. Se si moltiplica questo quantitativo per ogni imbarcazione, i conti sono presto fatti. Le stime della FAO del 2000 si aggiravano in circa ventisette milioni di tonnellate di pesce scartato a livello mondiale. In Mediterraneo le stime ottimistiche si aggiravano sulla decina di migliaia di tonnellate. I numeri sono impressionanti soprattutto se si considera la perdita di ottime proteine nobili utili al consumo umano.
Il problema nel Mediterraneo è incalzante poiché non tutti i paesi rivieraschi sono soggetti a una politica comune per la difesa degli stock di pesca.
Tale sforzo di pesca crea una pressione elevata, quello che in inglese è noto con il termine “overfishing”, che impedirà il ripristino degli stock di pesca. In Mediterraneo già oggi si registrano oltre trenta stock su trentasette in sofferenza. Il pesce non conosce confini geografici e il Prof. Silvio Greco pone l’accento sulla necessità di costituire un ente sovrannazionale per gestire la pesca nel Mediterraneo.
Le soluzioni per attutire il danno ci sono sia all’origine, sia a valle della filiera.
All’origine, sarebbe auspicabile introdurre metodi di pesca sostenibili e selettivi. Il Prof. Marino Vacchi dimostra che anche solo cambiando di poco la forma e le dimensioni delle maglie delle reti, la quantità degli organismi scartati diminuisce.
La Turchia, paese che conta la più grande flotta del Mediterraneo, comincia ora a fare i conti con l’impoverimento degli stock di pesce. La testimonianza del Prof. Adnan Ayaz dell’Università di Canakkale Onseikiz Mart (Turchia) ne mostra i motivi: la gestione sbagliata da parte dei politici, l’overfishing e l’eccessivo scarto di pesca. Il Dr. Ayaz però illustra anche i sistemi per cambiare questo andamento. L’uso di metodi di pesca selettivi, specie-specifici, rende possibile una diminuzione dello scarto di pesca quasi vicino allo zero, e permette soprattutto la reintroduzione dei pesci non commerciabili, vivi in mare.
Cosa possono fare i consumatori? Possono modificare l’andamento cambiando la domanda e di conseguenza il mercato. Devono rifiutarsi di comprare i pesci sotto-taglia, sempre giovanili, e indirizzarsi sulle specie neglette e povere, in modo da allentare la pressione sulle “solite tipologie” di pesce.
“Cose dell’altro gusto” vi propone qui un estratto del dibattito.