Eataly Roma: omaggio alla bellezza, al gusto e a Modigliani

Eataly Roma: omaggio alla bellezza, al gusto e a Modigliani

Nicola Farinetti :«Fare questo mestiere oggi significa essere tante cose insieme, ma principalmente essere persone che cambiano il territorio migliorandolo»

Viene da pensare che l’Italia non sia messa così male se esiste una giovane generazione di imprenditori virtuosi, entusiasti del proprio lavoro, che a sentirli parlare delle cose che fanno, ci vedi dentro un pezzo di futuro sano per questo Paese. Un punto dal quale rinascere, che non è poco. Eataly Roma inaugurerà con una festa su inviti il 14 giugno, e aprirà le porte al pubblico il 21, il giorno del solstizio d’estate. Ma forse, autorizzazioni permettendo, l’inaugurazione ufficiale arriverà anche un po’ prima.

Quando nel 2007 Oscar Farinetti decide di abbandonare il mondo degli elettrodomestici e aprire Eataly Torino, il primo grande store dedicato al food di alta qualità made in Italy, deve aver fiutato il profumo dell’ottimismo ma anche quello delle cose buone. Nicola Farinetti rappresenta la terza generazione di una famiglia di imprenditori piemontesi, giovane, a soli 27 anni è alla guida dei due progetti Eataly più importanti: Eataly N.Y. e adesso Eataly Roma, il punto più grande e completo fra i 19 sparsi nel mondo. Siamo andati a visitare con un piccolo anticipo sull’apertura ufficiale, i locali dell’ex Air Terminal della stazione Ostiense (Piazzale XII ottobre 1492), rinati dopo vent’anni di assoluto abbandono.

E scommettiamo che Eataly Roma diventerà una vera e propria mecca del gusto nel mondo del cibo.

Eataly Roma è il 19º store nel mondo. Quali caratteristiche in più avrà Roma rispetto agli altri punti?

Nicola Farinetti: La caratteristica principale è Roma. Che è la città più bella al mondo, quindi abbiamo deciso di fare il nostro Eataly più grande e più importante qui. Anche perché qui, a parte Torino che è stato il primo punto di apertura, abbiamo impiegato tutte le nostre energie per continuare a sviluppare questo non-format che abbiamo. La seconda caratteristica è la produzione. Abbiamo aumentato tantissimo la produzione che abbiamo all’interno. Avevamo fatto già qualcosa anche nei diversi Eataly che abbiamo nel mondo, a New York, per esempio, facevamo già la pasta fresca, che a Roma abbiamo intenzione di ampliare, quella della birra artigianale, facciamo la mozzarella di bufala fatta in casa, facciamo la pizza, facciamo il pane, e tostiamo il caffè per la prima volta.

C’è anche uno spazio dedicato alla didattica, fate concorrenza al Gambero Rosso?

Nicola Farinetti: No, più che concorrenza, a dire il vero noi stiamo cercando di creare dei luoghi di armonia quindi, mi piacerebbe entrare in una logica collaborativa anche con il Gambero Rosso. Io sono convinto che più corsi facciamo più la gente partecipa attivamente.

Giovanissimo e già a capo di progetti imprenditoriali importanti come Eataly N.Y. e ora Eataly Roma. Ma come nasce nella tua famiglia questa scelta imprenditoriale dedicata al cibo di qualità?

Nicola Farinetti: Mio padre ieri ha detto una cosa importante: «Io sono imprenditore per una botta di fortuna, poiché sono nato figlio di imprenditore». E quindi, mio nonno ha sempre fatto un po’ di impresa, e mio padre che è nato in questo mondo è stato molto bravo soprattutto nella prima parte della sua vita, investendo negli elettrodomestici. Ma è stato molto bravo anche a togliersi in tempo da quella fetta di mercato oramai in calo. Di fatto, ha avuto da sempre l’intenzione e la voglia di dedicarsi al food. Io mi ricordo che da piccolo, come una famiglia qualsiasi, quando facevamo le vacanze magari dormivamo nei posti più assurdi, ma mangiavamo sempre nei grandi ristoranti. Così mio padre ad un certo punto, s’inventa questo concept, vende l’UniEuro, ci mette tre, quattro anni a svilupparlo pienamente e poi nasce Eataly.

Ma se posso permettermi, non vorrei mai utilizzare la parola lusso parlando di cibo. È proprio il discorso che noi cerchiamo di non fare. Noi cerchiamo di levare questa connessione che esiste tra alta qualità/caro, alta qualità/snob o alta qualità/per pochi.

Ma come si fa a resistere in tempi di crisi offrendo l’alta qualità a un prezzo accessibile, considerando che il McDonald’s offre un hamburger a 1 euro?

Nicola Farinetti: Noi utilizziamo strategie diverse. La prima strategia è investire molto sui prodotti ma esporli in maniera massiva e in modo molto meno informale, in modo da venderne tanti e da avere un contratto diretto con chi li produce, senza passaggi intermedi. Arrivando quindi a un prezzo d’acquisto inferiore del prodotto, che ha così un ricarico solo, che è il nostro e riuscendo a uscire sul mercato ad un prezzo più basso di quelli che si trovano a parità di materia prima. La seconda strategia si basa sul cibo che mangiamo, ed è unire la quantità di numeri. Se io faccio tanti numeri sicuramente riuscirò a offrire il prodotto ad un prezzo diverso. Ma c’è una cosa più importante di tutte: noi diamo valore alla materia che vendiamo, quindi noi non venderemo mai un hamburger ad un euro, che è chiaramente un prezzo finto, che nasconde il valore della materia. La gente pensa che la carne abbia quel valore lì e non è così. Chi fa questo tipo di ragionamento, alla lunga, anche se può esser visto come un buono perché vende le cose a poco, in realtà impoverisce il mondo, perché impoverisce la catena produttiva a 360 gradi, e impoverisce chi lo compra perché mangia cose che fanno veramente male, impoverisce chi le vende perché vende cose di scarsa qualità, e impoverisce chi le produce perché alla fine non riesce mai a guadagnare abbastanza per continuare a fare il suo lavoro.

Quindi è questo il segreto, prendere la grande cultura e proporla in maniera informale ma autorevole, continuando a lavorare sulla grande materia, e continuando a raccontare la qualità del prodotto rendendola accessibile a tutti.

Ma qual è la tua cultura del cibo al di là dello spirito imprenditoriale che ci metti?

Nicola Farinetti: Mia madre ha sempre cucinato molto bene, e per noi è sempre stata una fortuna e lo posso dire anche oggi che penso di avere un minimo di palato. Sono stato molto fortunato, perché vengo da un’educazione al cibo sana, quindi merendine, Coca Cola e quant’altro le ho viste sempre molto poco. E poi la mia più grande passione è stata la birra, e l’artigianalità della birra mi ha portato a conoscere luoghi e persone che mi hanno fatto appassionare a tante altre cose. Quindi, il primo è stato il mondo della birra, che mi ha portato in giro in Belgio e in Italia a vedere i luoghi dove si produce e i vari birrifici. Abbiamo fatto tanta ricerca, uno parte dalla birra, poi arriva ai cereali e poi piano piano va sempre oltre. E poi la grande fortuna è quella di vivere in questo mondo dove conosci gente bellissima che ti racconta la sua esperienza.

I sapori che ti porti dentro?

Nicola Farinetti: Penso di esser diventato grande quando ho smesso di mangiare il caffèlatte con i biscotti Plasmon. Quando ho smesso, mi ricordo uno dei primi viaggi con mio padre, quando sono andato in Guatemala a vedere il caffè, siamo stati da questi campesinos che vivono a 1.500 metri d’altezza dove non hanno neanche l’acqua, a vedere questo meraviglioso presidio Slow Food. E ho visto quando facevano i testing, assaggiavano il caffè, ma ovviamente lì nessuno prende l’espresso e mi sono innamorato di quel caffè da bere rigorosamente senza zucchero. Ho scoperto il piacere di non mettere lo zucchero nelle cose, e quello è stata una grande svolta nella mia memoria del gusto.

Avete definito questo progetto romano un omaggio alla bellezza, e c’è anche un omaggio al grande Modigliani. Ma come mai non avete scelto un artista romano?

Nicola Farinetti: C’è un motivo chiaro sul perché abbiamo scelto Modigliani per il nostro ristorante, e in particolare per il nostro ristorante Italia, che sarà il nostro ristorante gourmet dove ci piacerebbe prendere magari una stella Michelin. Noi abbiamo fatto questo ristorante Italia, dove facciamo venti piatti ciascuno di quali è dedicato all’identità territoriale di ogni regione italiana, l’idea è celebrare l’unità nella biodiversità. Raccontare che figata che è esser riuniti in un Paese così diverso. E ci siamo resi conto che stavamo cercando di realizzare un ristorante di altissima cucina molto figurativo, con il rispetto della tradizione, e chi più di Modigliani ha fatto questo nella sua vita! In un momento in cui tutti i più grandi artisti della sua vita erano cubisti, lui era uno dei pochissimi famosi e bravi che invece figurava. In questo momento, in cui tutti i più grandi ristoranti del mondo sono cubisti, noi vorremmo provare a fare un ristorante di livello figurativo.

I percorsi di gusto che avete deciso di avviare a Eataly Roma?

Nicola Farinetti: Partiremo con tre percorsi di gusto. L’idea è stata quella di creare uno spazio chiamato il ristorantino dell’osteria romana, e lo diamo in gestione ogni mese a un’osteria diversa dei colli e dei Castelli Romani. Per una volta i romani non devono andare su ai Castelli, ma sono gli chef dei Castelli Romani che vengono a proporre qui la loro cucina. Iniziamo con Anna Dente dell’Osteria di San Cesario, il mese dopo ci saranno i fratelli Cacciani di Frascati, e poi l’Oste della Bon’Ora di Grottaferrata. Questo per iniziare. L’idea è molto semplice, volevamo portare la grande e vera cucina romanesca direttamente a Roma. A Fontanafredda, la nostra cantina di vini, l’anno scorso abbiamo lanciato un evento per i 150 anni d’Italia, abbiamo invitato 52 Osterie di tutte le province a venire a cucinare una settimana da noi e a raccontare la biodiversità italiana. E lì abbiamo conosciuto questi tre fenomeni.

Ci sarà uno spazio dedicato alla didattica, show cooking ed eventi sulla cucina?

Nicola Farinetti: Noi abbiamo già trecento eventi organizzati dal primo settembre a fine 2012, quindi abbiamo più di quattro cose organizzate al giorno. Abbiamo otto aule per poterci esprimere all’interno di questo programma, sulle quali abbiamo già pronto un programma fittissimo. Abbiamo un’aula dove possono cucinare in 12, e un’altra dove cucina lo chef che darà lezione e gli altri studieranno e degusteranno.

Poi abbiamo un’aula enorme dove terremo corsi, show cooking e tanti tanti altri programmi, corsi didattici con Slow Food e con l’AIS.

Per caso avete già pensato a una Tv digitale sul tema?

Nicola Farinetti: Noi siamo una realtà privata, che non dà voti non fa guide, non decidiamo nulla sul panorama italiano. Siamo un’azienda privata di consumo che semplicemente mette della roba in vendita, siamo assolutamente fuori da quest’ambito. Siamo persone che pensano che l’imprenditoria sia una cosa diversa da quella che molte persone vedono, questo mestiere non significa fare solo gli imprenditori. Fare questo mestiere oggi, significa essere tante cose insieme, ma principalmente essere persone che cambiano il territorio migliorandolo.

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