Da Pipero al Rex: il modo migliore di cedere alle tentazioni è lo champagne

Da Pipero al Rex: il modo migliore di cedere alle tentazioni è lo champagne

Da Pipero al Rex: dalla carbonara allo champagne con la mortadella non fatevi ingannare dalla semplicità. Il segreto di Pipero è il profumo delle cose buone

Quando arrivo al Rex, Alessandro Pipero è ancora alle prese con un tavolo importante, una tarda colazione di lavoro probabilmente. Sbircio gli ospiti e tra questi noto Gigi Proietti e il nuovo direttore dell’Opera di Roma. Mi fa accomodare al bureau per un caffè e nel frattempo mi delizia con qualche dessert: sfoglia di riso con gianduia al sale e peta zeta, poi ancora “Ananas&Ananas” un trittico di ananas composto da meringa, sorbetto e ananas marinata allo zenzero, a questo punto indulgente verso l’attesa mi dedico alla degustazione. Il giovanissimo chef Luciano Monosilio scioglie la brigata e si accomoda accanto a me. Appena 27 anni, fortemente voluto da Pipero già nel suo ristorante di Albano Laziale, dove ha sostituito Danilo Ciavattini, affiancando Roy Caceres in cucina per un breve periodo, per poi proseguire da solista.

Mi racconta un po’ di sé, di come ha intrapreso il mestiere di chef per la voglia di viaggiare, dei suoi inizi in Sud Africa a sfornare mille pasti al giorno, poi in Danimarca e poi il ritorno a casa in Italia, passando dalla cucina di Crippa, Uliassi e Roscioli fino al suo incontro con Pipero.

Coppia frizzante e provocatrice, a entrambi piace giocare con i luoghi comuni. al Pipero di Albano Laziale la carta dei vini comprendeva il Tavernello e ora al Rex di Roma il piatto di punta è la carbonara venduta a peso, praticamente un must della capitale, come vendere il ghiaccio agli eschimesi in pratica, solo che c’è carbonara e carbonara e la differenza si sente. E quando chiedo quale sarà mai il segreto della carbonara di Pipero, Monosilio risponde: «il segreto è che non c’è il segreto! C’è solo il metodo, non è questione di guanciale o uova, è tecnica è dedizione». Monosilio ci mette dedizione e creatività in cucina e Pipero savoir faire, competenza e comunicazione.

Pipero, ma allora è vero che la carbonara vince sempre?

Quando aprii il ristorante ad Albano misi il Tavernello nella lista dei vini, arrivato a Roma volevo trovare una notizia che facesse rumore, e allora insieme a Luciano concordammo di metterla nel menu a peso, ma sinceramente non pensavamo di suscitare tanto clamore!
Alcuni piatti sono goliardici, la carbonara è un piatto di Roma e soprattutto Monosilio la fa veramente bene, è veramente la più buona di Roma, anche se non è il piatto migliore del menu.

Alessandro Pipero all'hotel Rex di Roma | cosedellaltrogusto.it

foto di Elisia Menduni – www.gazzettagastronomica.it

Non è un mestiere che ho scelto, ho fatto la scuola alberghiera perché avevo fame, io fino a 22 anni sono stato obeso per una educazione alimentare sbagliata da parte dei miei. Quando da piccolo di notte piangevo mia madre mi faceva mangiare fino a che il biberon non bastava più. La scuola alberghiera è venuta così, ma il talento non dipende dall’aver frequentato l’alberghiero, se non ti prende la passione non ci fai niente.

Questo è ancora uno dei mestieri dove si raggiunge il successo solo con il talento o anche solo con un buon ufficio stampa?

La comunicazione conta molto, poi sai a certi livelli quando sai comunicare e lavori con personaggi, ristorazione e piatti importanti, la cosa più facile è veramente creare un piatto e aprire una bottiglia di vino. La cosa più difficile è magari gestire la brigata e i clienti. Però credo che dietro quelli che si affermano professionalmente ci sia un vero talento, se le stelle Michelin si potessero comprare a quest’ora la differenza di qualità non esisterebbe.

Qual è stato il tuo percorso, da dove è venuta fuori la passione per questo mestiere?

A 20 anni andai a Londra a fare il cameriere, quando rientrai in Italia andai a lavorare all’Excelsior, lì incontrai un maitre molto bravo che mi trasmise la passione per i vini e allora feci il corso. Quando nel 2000 feci lo sturt-up del nuovo S.Regis Grand Hotel di Piazza Esedra, mi coinvolsero in un progetto molto interessante inizialmente che poi però si rivelò un flop. A quel tempo Antonello Colonna fece una consulenza al Reef di piazza Augusto Imperatore, e io mi proposi come sommelier, mi presero e successivamente nacque un feeling professionale molto forte con Colonna che quando aprì il Labico mi volle con lui a lavorare, e da lì è cambiata la mia vita.

Pipero chef al Rex di Roma | cosedellaltrogusto.it

Parlando di passioni carbonara a parte?

Io ho quattro passioni, tutte allo stesso modo: il lavoro, il cibo, le donne e la Roma.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Il ristorante è forse il posto dove tu veramente conosci le persone, forse questa è la cosa che mi piace di più del lavoro fatto in sala, non c’è bisogno di girare il mondo perché è il mondo che ti gira intorno, a tavola si è sempre veri. Il complimento di un cliente è una soddisfazione enorme.

La tentazione culinaria di Pipero?

Pane e prosciutto e mortadella e champagne che non è una tentazione è una certezza. Lo champagne con i piatti grassi come gli insaccati o la crosta della porchetta è quasi perfetto.

Prima di chiudere l’intervista non resisto alla tentazione di fare un giro nella cucina dello chef, è l’ora del the ma mi avvolge il profumo caldo del pane appena sfornato, il pane di farina integrale e sesamo e la focaccia calda al limone. Magari il segreto di Pipero è solo il profumo delle cose buone.

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