Una pratica semplice e ripetibile: un cucchiaio di miele sul comodino e la promessa di svegliarsi più leggero. Così viene presentata la cosiddetta dieta del miele, un regime alimentare che punta a sostituire lo zucchero raffinato con il miele per favorire la perdita di peso senza contare le calorie. L’idea, promossa dal nutrizionista Mike McInnes, si basa su due presupposti chiave: il miele ridurrebbe la voglia di dolci e, rispetto allo zucchero bianco, provocherebbe un picco glicemico più moderato, ostacolando così gli sbalzi insulinici che favoriscono l’accumulo di grasso.
Il fulcro del metodo è operativo: consumare un cucchiaio prima di dormire e rimpiazzare gli zuccheri raffinati in bevande e preparazioni quotidiane con il miele. Questo approccio viene descritto come poco restrittivo e iperproteico, e il suo inventore avanza stime di perdita fino a 1–1,5 kg nella prima settimana. La spiegazione metabolica proposta è plausibile nella teoria: glucosio e fruttosio del miele vengono metabolizzati in modo leggermente diverso rispetto allo zucchero raffinato, con effetti potenzialmente meno rapidi sui valori glicemici. Tuttavia si tratta di affermazioni che vanno lette come ipotesi pratiche piuttosto che prove cliniche consolidate.

Un dettaglio che molti sottovalutano: il tipo di miele e la quantità effettivamente assunta contano, come in ogni intervento nutrizionale. Nel complesso, il metodo si propone come una strategia di moderazione dei dolci, più che come un miracolo dietetico. Chi cerca risultati certi dovrebbe considerare la dieta del miele come una possibile integrazione a un percorso alimentare controllato, non come sostituto della valutazione medica.
Regole pratiche, limiti e avvertenze
La dieta del miele non è solo il gesto della notte: prevede anche scelte alimentari precise durante la giornata. Il modello suggerito privilegia proteine magre (carni bianche, pesce, tofu, albumi), abbondanti verdure e porzioni moderate di frutta, mentre i carboidrati complessi vengono limitati a cereali integrali, riso integrale e legumi, che dovrebbero occupare meno di un quarto del piatto. I latticini consigliati non sono i prodotti totalmente scremati, poiché si ritiene che alcuni latti e yogurt commerciali contengano zuccheri aggiunti. Nelle indicazioni macroscopiche si parla di una ripartizione che vede le proteine intorno al 50% proteine, i carboidrati al 35–40% e i grassi al 10–15%, con un’attenzione specifica a fibre e acidi grassi essenziali.
Vanno invece evitati snack industriali, bevande gassate, alcol e cibi pronti. Le patate sono segnalate come alimenti da escludere per il loro potenziale di generare picchi glicemici. Una raccomandazione comune nel protocollo è la pratica di una giornata settimanale in cui si eliminano del tutto i carboidrati complessi, sostituendoli con verdura, frutta, proteine e semi oleosi, per “stimolare” il metabolismo dei grassi: una scelta che richiede però attenzione clinica nei soggetti vulnerabili.
La dieta del miele presenta limiti chiari: non è adatta a chi pratica attività aerobica intensa, e può provocare sintomi riconducibili a ipoglicemia (debolezza, astenia, nervosismo) in soggetti non abituati a razionare i carboidrati. È sconsigliata per gestanti, persone anziane e chi convive con patologie metaboliche come il diabete; il metodo non sostituisce la nutrizione clinica. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è l’importanza della qualità del prodotto: preferire mieli locali e non pastorizzati può influire su gusto e composizione.
Infine, oltre all’aspetto nutrizionale, c’è una motivazione ambientale spesso citata dai sostenitori della pratica: scegliere il miele significherebbe anche supportare le api e iniziative come Saving Bees, che promuovono l’apicoltura e la tutela dell’impollinazione. Dal punto di vista pratico, la dieta del miele può dare risultati visibili nel breve periodo per chi riduce i dolci raffinati, ma richiede personalizzazione e controllo medico quando applicata a persone con condizioni cliniche o esigenze energetiche elevate. Dott. Riccardo Borgacci, nutrizionista e dietista, ricorda di consultare sempre uno specialista prima di intraprendere cambiamenti dietetici significativi.
